CHI SONO
La mia storia
L’intreccio di relazioni, esperienze, formazione e scelte che hanno dato vita al mio percorso.
Mi chiamo Maria Cristina Vespa, sono una Psicoterapeuta Analitico Transazionale e Psicologa dell’educazione e dello sviluppo, iscritta presso l’Ordine degli Psicologi del Lazio. Questi sono i due principali filoni di mio specifico interesse: l’ambito clinico e l’ambito educativo.
Il primo ambito di interesse, è quello della psicoterapia che, negli anni di formazione, ho consolidato e confermato come la scelta professionale più importante della mia vita. A quasi 20 anni dall’inizio di questo viaggio, portato avanti con sforzi e passione, non posso che convalidare la mia scelta di fare ed essere Psicoterapeuta Analista Transazionale. Accompagnare la persona nel processo terapeutico significa per me sostenerla nel dare alla luce la versione più autentica di sé, nella realizzazione del proprio pieno potenziale e nel prendere nuove decisioni perché “non puoi tornare indietro e cambiare l’inizio, ma puoi iniziare dove sei e cambiare il finale” (Lewis C.S.).
Per quanto riguarda l’ambito educativo, da molti anni mi occupo di interventi psico-pedagogici, svolti in istituzioni scolastiche, formative ed educative di vario genere, lavorando con giovanissimi e giovani, con una maggiore focalizzazione su preadolescenti e adolescenti, loro famiglie e relative figure significative di riferimento. L’ambito educativo e psico-pedagogico è per me una vera sfida e passione che si concretizza con azioni di prevenzione, supporto e cura per favorire nel bambino e l’adolescente di oggi la crescita dell’adulto felice ed autorealizzato di domani.

Il mio approccio
La cornice teorica con la quale mi oriento nel mio lavoro e con la quale ho dato forma, insieme alle mie caratteristiche umane, alla mia identità professionale, è l’Analisi Transazionale, teoria nata negli anni ’50, negli Stati Uniti con Eric Berne negli anni ’50 e arricchita e ampliata da numerosi contributi fino a quelli contemporanei nell’ambito delle neuroscienze. In particolare, adotto la prospettiva dell’Analisi Transazionale Socio Cognitiva (ATSC), integrata con elementi di altri modelli terapeutici: esistenziale, cognitivo, esperenziale, psicodinamico e interpersonale.
Questi approcci si allineano con i miei valori e con la mia idea antropologica di base che vede nell’uomo ricchezza e complessità nella sua essenza pluridimensionale biologica, psicologica, sociale e spirituale contro ogni riduzionismo e semplificazione.
L’approccio integrato pone al centro il paziente, con le sue specifiche caratteristiche e il suo peculiare vissuto, riconoscendo, valorizzando e rispettando la sua unicità, adeguando tecniche e modelli alla persona, un po’ come succede con un vestito tagliato su misura.

Principi chiave del mio lavoro
“Paziente” è principalmente un aggettivo
Non amo incasellare la persona, identificandola con le sue difficoltà e con i suoi nuclei problematici. Ho fiducia nelle risorse della persona e nella valorizzazione dei suoi punti di forza come base di partenza del lavoro terapeutico. Credo in un sguardo ampio, ricco e complesso verso ogni individuo, una prospettiva in cui ciascuno è protagonista e attivo costruttore della propria crescita e cambiamento.
Restare umani
Ritengo fermamente che il processo terapeutico non debba ridursi ad un insieme di tecniche o strategie ma vada considerato, anzitutto, un luogo di incontro umano autentico e profondo, rispettoso della soggettività del paziente. La qualità di questo incontro e della relazione sono radici salde su cui potranno prendere vita nuovi germogli di possibilità esistenziali e di benessere.
L’unione fa la forza
Credo fortemente nella collaborazione, co-costruzione e corresponsabilità. Sia nella relazione con il paziente ma anche con colleghi e professionisti del benessere bio-psico-fisico dell’individuo (psicoterapeuti, psichiatri, nutrizionisti, fisioterapisti, educatori e così via) per un approccio globale ed integrato alla persona. Per i giovani pazienti è imprescindibile per me il lavoro in rete con le agenzie educative.
Cosa significa per me essere una psicologa psicoterapeuta
Essere una psicoterapeuta significa avere la possibilità di dedicarmi alle persone, entrando in contatto con una profondità e una delicatezza che poche altre professioni consentono. Una professione per me animata da una vocazione e vissuta anche come una missione.
Nell’accompagnare me e le persone che incontro, tengo presente una frase che mi ha sempre ispirato:
“Non ci sono strade facili ma solo destinazioni che valgono la fatica del cammino” (Nicosar A.).
Ed è proprio qui che il processo terapeutico metaforicamente lo assimilo all’andare in montagna. Ognuno di noi ha la propria montagna da scalare e sono tutte montagne diverse: alcune presentano ripide pareti di roccia, altre sono ricche di fitta vegetazione, alcune hanno sentieri instabili e sconnessi, altre si snodano su percorsi di moderata pendenza, alcune sono avvolte dalla nebbia, altre si stagliano sotto il sole. Ognuna di essa richiede un diverso impegno, una diversa andatura, uno specifico equipaggiamento.
Lo psicoterapeuta, come “professionista della montagna”, cammina accanto ma non al posto: prepara all’impresa, fornisce indicazioni sull’attrezzatura adeguata, promuovendo la cura la e protezione nel camminare; sostiene ogni passo per comprendere insieme dove e come mettere i piedi lungo il percorso; supporta nella scelta di evitare scorciatoie, affrontando lo sforzo di traiettorie faticose; condivide i momenti positivi e di crescita del tragitto e non solo della meta finale, incoraggia la scoperta di risorse e di capacità fino a prima, poco considerate, perché il paziente sia davvero il protagonista e progressivamente, “esperto scalatore” del suo personale ed irripetibile cammino.
